ATTI DI CONFUSIONE: LA GUIDA COMPLETA

Cosa sono gli atti di confusione? Quali sono quelli ritenuti illeciti dai giudici? Esistono esempi di atti di confusione tratti dai casi concreti?

Di seguito troverai le risposte a tutte le tue domande.

Perché quell’infame del tuo competitor rischia di far confondere i consumatori e di alterare la loro scelta nell’acquisto di prodotti e servizi.

E tu hai bisogno di sapere se quello che sta facendo sono atti di confusione illeciti oppure no.

ATTI DI CONFUSIONE E CONCRETA POTENZIALITA CONFUSORIA

Gli atti di confusione (art. 2598, n. 1, c.c.) si caratterizzano, tutti, per la loro concreta potenzialità confusoria.

Si ha concreta potenzialità confusoria quando tu e il tuo concorrente commercializzate prodotti identici o simili, o perché operate nello stesso ambito territoriale, o perché operate in settori commerciali affini o contigui.

Per queste ragioni, a causa dei comportamenti posti in essere dal tuo rivale, i consumatori possono confondere la tua impresa con quella del concorrente sleale, ovvero i tuoi prodotti o servizi e/o i tuoi segni distintivi con quelli del tuo competitor.

ATTI DI CONFUSIONE ATTRAVERSO L’USO DEI SEGNI DISTINTIVI

Quante volte ti è capitato di notare prodotti che hanno un marchio simile, per non dire identico, a quello di altri prodotti?

Oppure qualcuno ha inserito il tuo marchio, ditta, o insegna nella sua ditta, insegna, o nel suo sito web, o nel suo materiale informativo (cataloghi, brochure), o nei suoi spazi pubblicitari (magari acquisiti su “Pagine Gialle” e “Pagine Bianche”), o nei suoi annunci pubblicitari in giro per la città?

Ebbene, sappi che nei casi sopra menzionati, se ha creato pericolo di confusione tra i consumatori, il tuo concorrente ha commesso ogni volta atti di confusione attraverso l’uso dei segni distintivi.h

QUALCHE ESEMPIO CONCRETO!

I giudici hanno ritenuto che il marchio “New Hair – Professionisti con sorriso”, registrato per “cure di bellezza per persone, servizi di parrucchiere ed estetica”, sia confondibile con un segno successivo, “New Hair School di Sapienza Rosaria”, utilizzato come insegna per contraddistinguere non un’attività di parrucchiere, ma di scuola per parrucchieri. (Trib. Catania 9/6/2013).

Nel caso “Adidas/Marca Mode”, l’Europa ha ritenuto che, anche se il segno successivo, utilizzato per prodotti identici o simili, assomigli a tal punto al marchio anteriore da far sorgere la possibilità di associarlo a quest’ultimo ed il medesimo marchio anteriore possegga un carattere distintivo particolare, grazie alla sua notorietà, il rischio di confusione non esiste se non è provato (Corte di Giustizia, 22 giugno 2000, causa C-425/98, in Racc. 2000, I, 4861 ss., par. 33).

ATTI DI CONFUSIONE PER IMITAZIONE SERVILE DEI PRODOTTI

Gli atti di confusione, in questo caso, riguardano i prodotti: il tuo competitor imita i tuoi prodotti in modo da generare pericolo di confusione tra i consumatori.

L’imitazione può riguardare anche soltanto singoli elementi di prodotti che siano idonei a ricollegare il prodotto all’impresa.

Attenzione, però: deve trattarsi di elementi non essenziali alla funzione tecnica svolta dal prodotto, perché questi elementi sono liberamente imitabili (se non oggetto di brevetto).

QUALCHE ALTRO ESEMPIO, PER CARITÀ!

Trib. Milano 352/2016 ha condannato per atti di confusione un’azienda che aveva imitato forma arcuata del piantone – unicum nel mercato di riferimento da vent’anni – di una motofalciatrice, venduta a prezzo inferiore.

Trib. Catania 22/7/2014 ha ritenuto confondibili le confezioni di salviettine per bambini “Sole Luna” con quelle denominate “Giorno&Notte”, a fronte di un “abbliaggio” molto simile: cioè, a causa della riproduzione di una foto di donna sorridente con bambino in braccio, dell’uso di colori e posizione dei medesimi, i disegni utilizzati – cuore e luna, monetine color oro con il simbolo dell’euro – e della scelta degli inserti informativi.

ATTI DI CONFUSIONE CON I PRODOTTI E CON L’ATTIVITÀ DI UN CONCORRENTE.

Sono gli atti di confusione compiuti dal concorrente sleale con qualsiasi altro mezzo, diverso da quelli che hai visto sopra.

I Giudici hanno ritenuto che fra questi altri mezzi rientrano:

  • la copiatura di cataloghi o listini (Trib. Milano, 24/02/2011Trib. Monza 16/12/2011)
  • l’imitazione dei moduli contrattuali (Trib. Milano 13/02/2012)
  • l’imitazione dei nomi di fantasia dei singoli prodotti
  • l’uso di autoveicoli per la distribuzione del prodotto o la fornitura del servizio contraddistinti dagli stessi colori adottati dal concorrente
  • l’imitazione dell’arredamento dei locali di vendita, quando ciò possa creare equivoci nel pubblico (Trib. Roma 18/06/2013)

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Avv. Alfredo Buccella