RISCHIO DI CONFUSIONE PER IL PUBBLICO: ECCO COS’É ESATTAMENTE

Il rischio di confusione per il pubblico è elemento di valutazione della concorrenza sleale confusoria e nella scelta del marchio da registrare.

RISCHIO DI CONFUSIONE PER IL PUBBLICO: CHI È IL PUBBLICO?

Per pubblico si intende la collettività dei consumatori, che sono i destinatari dei prodotti o dei servizi offerti dalla tua impresa e da quella del tuo concorrente.

Infatti, il presupposto del rischio di confusione è il rapporto di concorrenza esistente tra le imprese.

QUANDO LE IMPRESE SONO IN CONCORRENZA TRA LORO?

Il rapporto di concorrenza tra imprese si instaura quando tu e il tuo concorrente commercializzate prodotti identici o simili, perché operate nello stesso ambito territoriale, o perché operate in settori commerciali affini o contigui (c.d. concorrenza orizzontale).

Ma può anche accadere che imprese in concorrenza tra loro occupino posizioni diverse nella catena distributiva (per esempio, rivenditori all’ingrosso e negozi di vicinato), vendano prodotti destinati allo stesso consumatore finale (c.d. concorrenza verticale).

QUANDO RICORRE IL RISCHIO DI CONFUSIONE PER IL PUBBLICO?

Il rischio di confusione per il pubblico si verifica quando il comportamento del competitor sleale è idoneo a generare, nel consumatore medio, il pericolo di confondere la tua impresa o la tua attività con quella del concorrente sleale, ovvero i tuoi prodotti o servizi e/o i tuoi segni distintivi con quelli del competitor sleale.

RISCHIO DI CONFUSIONE PER IL PUBBLICO: CHI È IL CONSUMATORE MEDIO?

Il consumatore medio è un membro dei destinatari dei tuoi prodotti o servizi, dotato di medie competenze e media capacità di discernimento.

Attenzione, però: più il settore in cui operano le imprese concorrenti è di nicchia o élitario, più il consumatore medio viene inteso dai giudici come consumatore dotato di particolare attenzione, competenze e capacità di discernimento (v., tra le tante, Trib. Roma, 14/02/2014).

RISCHIO DI CONFUSIONE TRA MARCHI

Nella scelta del tuo marchio è importante fare attenzione a che non sia troppo simile ad altri marchi già registrati.

Un marchio può infatti essere escluso dalla protezione se sussiste il rischio che possa essere confuso o anche solo messo in relazione con un marchio anteriore.

Entro il termine di opposizione, infatti, il titolare del marchio anteriore può richiedere la cancellazione del marchio più recente, che può anche essere impugnato in un secondo momento davanti ai giudici.

COSA DICONO I GIUDICI

Secondo il Tribunale I grado UE sez. IV, 08/02/2019, n.647, al fine di valutare il rischio di confusione fra marchi, il giudice deve procedere alla valutazione di una serie di elementi, quali quelli distintivi e dominanti del marchio, la somiglianza visiva, quella fonetica e quella concettuale.

In ogni caso, tale analisi di similarità non deve avere esclusivamente ad oggetto una disamina, seppur approfondita, dei segni in conflitto, ma i suddetti criteri devono essere calati nella realtà del caso concreto: essi infatti devono essere intesi come criteri flessibili, avuto riguardo al pubblico di riferimento.

Secondo il Tribunale Milano Sez. spec. Impresa, 28/07/2015, n.9103, la valutazione globale del rischio di confusione tra marchi deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei segni in conflitto, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti.

La mancanza della distinzione precisa tra i segni che identificano i prodotti o i servizi nel mercato comporta pertanto il rischio di confusione e consequenzialmente dell’illecita aggressione all’altrui avviamento ed all’altrui clientela.

PAROLA ALLA CASSAZIONE

Cass. civ. Sez. I, 18/08/2017, n. 20189 e Cass. civ. Sez. I, 13/02/2009, n. 3639 hanno ulteriormente aggiunto che l’inclusione di due prodotti nella medesima classe merceologica prevista dall’Accordo di Nizza del 15 giugno 1957 non è idonea a provarne l’affinità che non può tuttavia essere neppure esclusa dall’appartenenza degli stessi a classi differenti.

L’apprezzamento sulla confondibilità deve pertanto essere compiuto verificando non solo l’identità o quantomeno la confondibilità tra i segni, ma anche l’identità e la confondibilità tra i prodotti, sulla base quantomeno della loro affinità.


Secondo Cass. civ. Sez. I, 04/05/2009, n. 10218 si tratta di giudizi che non possono però essere considerati tra loro indipendenti perché sono entrambi strumenti che permettono di accertare la confondibilità tra le imprese.

I Giudici di legittimità hanno dunque evidenziato che il giudizio di affinità va fondato sulla fungibilità dei prodotti per la loro natura e la loro destinazione alla medesima clientela od alla soddisfazione del medesimo bisogno.

Con la precisazione che l’affinità implica la comunanza di una qualità ontologica dei prodotti e non la mera appartenenza ad un medesimo ambito di origine culturale o di costo.

Si tratta di conclusioni conformi a quanto previsto dalla normativa e dalla giurisprudenza europea (v. Corte di giustizia UE, sez. I, 18/12/2008).

QUALCHE ESEMPIO CONCRETO!

Il rischio di confusione per il pubblico può verificarsi attraverso gli atti di confusione, che il concorrente sleale compie attraverso l’uso dei nomi o dei segni distintivi, attraverso l’imitazione servile dei prodotti, o con qualsiasi altro mezzo idoneo a generare confusione con l’attività o con i prodotti dell’impresa concorrente.

Cliccando sui link sopra riportati troverai numerosi esempi, distinti per tipologia di atti di confusione.

Inoltre, nel caso deciso da Tribunale Milano Sez. spec. Impresa, 28/07/2015, n.9103, è stato ritenuto che il grado di somiglianza dei marchi NEVE e NIVEA sotto il profilo concettuale sia molto elevato, in quanto dal termine “neve” deriva etimologicamente l’aggettivo “nivea”, che significa “bianca, candida come la neve”.

Dal punto di vista visivo, il Tribunale ha osservato che entrambi i segni hanno la prima e l’ultima consonante uguale, nonché in entrambi è presente la vocale “e”, mentre sotto il profilo fonetico il grado di somiglianza è stato ritenuto più tenue.

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Avv. Alfredo Buccella