Criteri di valutazione del danno: scopri anche tu come ottenere il massimo

Come forse avrai avuto modo di constatare (o come forse hai sentito dire), l’ostacolo maggiore in una causa di concorrenza sleale è uno ed uno solo e può essere superato soltanto attraverso i criteri di valutazione del danno.

L’ostacolo maggiore, quando si parla di concorrenza sleale, è infatti quello di vederti risarciti i danni che hai subito (a causa delle condotte bastarde del tuo rivale in affari) in maniera esatta e completa.

Anzi, diciamoci la verità: recuperare i soldi è l’ostacolo principale nonché l’unica cosa che ti interessa.

Proprio per questo, i criteri di valutazione del danno sono di fondamentale importanza.

Cerchiamo allora di capire bene come fare a farti ottenere ciò che ti spetta.

Criteri di valutazione del danno

PRENDI IL MALLOPPO E SCAPPA.

Sì d’accordo è stato stabilito che l’impresa Tal-dei-Tali ha posto in essere concorrenza sleale nei tuoi confronti.

Va benissimo anche che il giudice abbia inibito la prosecuzione di tali comportamenti a quel furbacchione, ma in fondo in fondo, ciò che più t’interessa è recuperare i guadagni perduti integralmente.

 

Ma come fare a recuperare i soldi che ti spettano? Quali sono i criteri di valutazione del danno che hai subito?

Come avrai letto nell’articolo sul danno emergente, per la sua quantificazione non ci sono particolari problemi: il suo ammontare può essere agevolmente dimostrato con documenti e tabulati vari. I criteri di valutazione del danno, invece, sono fondamentali per il mancato guadagno: come fare a determinare con esattezza l’ammontare del danno da lucro cessante?

Generalmente il giudice giunge alla quantificazione di questa voce di danno da concorrenza sleale attraverso diversi criteri di valutazione del danno: valutando, ad esempio, il decremento delle vendite della tua azienda causate dai comportamenti illeciti. Oppure, commisurandolo all’utile netto conseguito dal concorrente sleale.

Altro criterio può consistere nell’individuare l’utile che la tua impresa avrebbe prodotto senza gli atti di concorrenza sleale.

Pertanto, se nel corso della causa sarai in grado di dimostrare quanto sopra sarai già ad un buon punto.

Bello no? Tuttavia non è sempre così semplice.

Può accadere (e accade in moltissimi casi!) che i suddetti criteri di valutazione del danno risultino imprecisi se non addirittura non applicabili.

Devi, pertanto, rassegnarti e farla passare liscia al furfante che ti ha soffiato sotto il naso migliaia di euro di guadagno?

Neanche per sogno!

 

Come fa il Giudice in questi casi?

Di gettare la spugna proprio non se ne parla! Sappi, infatti, che nei casi in cui i criteri di valutazione del danno non possano operare, il giudice chiamato a decidere potrà quantificare il danno “in via equitativa” (art. 1226 c.c.)

Vediamo come si giunge alla sua determinazione.

Innanzitutto, premessa necessaria perché il Giudice possa passare alla valutazione equitativa del danno è che la sua esistenza sia certa.

Devi cioè dimostrare in giudizio che, sebbene non si riesca a quantificare precisamente il suo importo, tu abbia effettivamente subìto un danno dal competitor Tal-dei-Tali.

E attenzione! Non sottovalutare questo passaggio.

Infatti, laddove tu non riesca a provare l’esistenza di un danno, per quanto non quantificabile, il tuo rivale vincerà la causa e sarai costretto a pagargli pure le spese legali.

 

Oltre il danno la beffa!

[infobox color=”#efefef” textcolor=”#000000″ icon=”exclamation-circle”] Secondo molti giudici, la liquidazione equitativa del danno da concorrenza sleale presuppone che il richiedente fornisca gli elementi essenziali per orientare la valutazione del giudice (Trib. Catania 28 novembre 2011; App. Venezia, 5 giugno 1987 (2262/2); Trib. Milano, 27 gennaio 1992 (2791/4); App. Milano, 8 maggio 1992 (2825/3); Trib. Bologna, 23 giugno 1994 (3421/6); Trib. Catania, 10 luglio 1998 (3825/3); Trib. Bologna, 16 luglio 1999 (4089/5); App. Bologna, 15 novembre 2001 (4379/2); Trib. Bologna, 14 aprile 2003 (4673/3); Trib. Torino, 29 settembre 2004 (4836/6).[/infobox]

Il secondo presupposto necessario affinché il giudice ponga in essere una valutazione “a cazzotto” è dato dall‘impossibilità di raggiungere la prova circa l’entità del danno.

Bada bene, non serve necessariamente l’impossibilità assoluta di quantificare in toto il mancato guadagno.

Ti basterà semplicemente provare l’estrema difficoltà nel raggiungere tale prova a causa, ad esempio, del particolare contesto in cui ti trovi.

 

Qualche esempio

Poniamo il caso che tu voglia quantificare l’utile perduto a causa dell’attività illecita del concorrente.

Non è detto che il numero delle vendite fatte dal concorrente sleale corrisponda esattamente a quelle che tu non hai fatto: la stima dipende dal numero di concorrenti presenti nel territorio di riferimento e dalle differenti condizioni di vendita – tra le quali, il prezzo – ed è ragionevole ritenere che soltanto una parte delle vendite sarebbero state eseguite da te.

Tu quantifica lo stesso il danno in tutte le vendite che a te sono mancate (sarà poi il Giudice a stabilirne l’ammontare inferiore).

Fatto ciò, calcola l’utile che ne avresti ricavato, sottraendo dal fatturato “mancante” solo i costi variabili, cioè i costi che dipendono direttamente dalla produzione (il costo della materia prima, il costo delle confezioni, il relativo trasporto, ecc.) e che avresti sostenuto se avessi eseguito le vendite che ti sono state sottratte (c.d. «margine di contribuzione»).

[infobox color=”#efefef” textcolor=”#000000″ icon=”exclamation-circle”]Sul punto, v., in giurisprudenza, Trib. Milano, 8 marzo 2007, n. 5145, in motivazione, p. 764; Trib. Modena, 20 aprile 2005, n. 4873/4; App. Genova, 24 novembre 2003, p. 1611; e, in dottrina, Hassan, Damage Compensation for Infringements of Industrial Property Rights in Italy, IIC, 2010, 753 ss.. Alcuni giudici parlano di «margine operativo lordo» (Trib. Brescia, 2 dicembre 2008) o «utile lordo» (Trib. Bologna 8 giugno 2004; Trib. Milano, 30 aprile 1990; Trib. Milano, 24 gennaio 1980), ma l’esatta accezione tecnico-contabile del termine non va bene per calcolare esattamente il mancato guadagno, perché comporta una duplicazione dei costi fissi.[/infobox]

A tal proposito, un utile strumento per riuscire a quantificare le perdite registrate a causa degli atti illeciti posti in essere nei tuoi confronti è costituito dalla consulenza tecnica.

 

Consulenza Tecnica: di cosa si tratta?

In realtà è molto semplice.

Si tratta di affidare ad un professionista di comprovata esperienza in materia economica e patrimoniale l’analisi completa delle tua situazione aziendale sia prima sia dopo gli atti di concorrenza sleale commessi dal rivale in affari.

In questo frangente sarà importante che il professionista esamini, innanzitutto, il mercato di riferimento nel quale la tua azienda si trova ad operare, per poi proseguire con l’analisi delle prestazioni che l’impresa è riuscita ad ottenere nel corso del tempo, sino ad arrivare all’intervento del concorrente sleale.

A questo punto l’indagine dovrà riguardare sia le perdite complessive in termini di fatturato, sia i danni subiti al cosiddetto “patrimonio immateriale” (ad esempio, la perdita delle relazioni con i nuovi clienti non ancora fidelizzati).

Ed ancora, tutti quei danni cagionati ai progetti che erano in attesa di decollare ma che sono stati stoppati a seguito degli atti di concorrenza sleale.

In definitiva, se avrai la pazienza di fare elaborare un’autorevole consulenza tecnica che vada ad analizzare in maniera puntuale ogni profilo di perdita da te subita, sarà molto difficile per il tuo avversario smontare punto su punto le tue voci di perdita.

E sarà, soprattutto, allo stesso modo più agevole ottenere una quantificazione del danno che rispecchi fedelmente le tue perdite (e soddisfi pienamente le tue legittime pretese!).

Vuoi saperne di più su come ottenere una consulenza tecnica sin da subito? Nessun problema: scrivici!

Perché il nostro lavoro è proteggere la tua unicità.
E quella della tua impresa.

Avv. Alfredo Buccella