Ambush Marketing: concorrenza sleale o attività pubblicitaria lecita?

ambush marketing

Il c.d. ambush marketing è l’attività di marketing dell’impresa, che sfrutta un evento di grande risonanza mediatica, senza essere il suo sponsor.

Tale attività è sicuramente illecita quando:

  • violi norme speciali emanate a protezione dell’evento (v., per esempio, il D.L. 2020/16, emanato in occasione dei XXV Giochi olimpici invernali e XIV Giochi paralimpici invernali);
  • violi diritti di proprietà intellettuale dell’organizzatore dell’evento, o del titolare del marchio.

Quando, invece, le proprietà intellettuali e le privative industriali sono rispettate, il confine fra marketing e concorrenza sleale è spesso difficile da tracciare.

Occorre infatti chiedersi quali siano i limiti entro i quali i riferimenti ad un evento di grande risonanza mediatica, effettuato da chi non è sponsor di quell’evento, possano essere lecitamente effettuati.

Vale a dire, bisogna stabilire quale sia l’ambito dell’esclusiva riservata all’organizzatore dell’evento e ai suoi sponsor.

I principi internazionali e nazionali in materia di ambush marketing.

A tal fine, è opportuno fare riferimento ai principi elaborati da due organizzazioni internazionali attive in ambito comunicazionale, che hanno anche il fine di stabilire le best practices del settore.

La European Sponsorship Association.

Ad esempio, la European Sponsorship Association, riconosce che non deve essere vietato ogni riferimento ad un evento da parte di chi non è sponsor.

Piuttosto, i divieti devono concentrarsi su quelle iniziative che causano confusione circa il rapporto effettivo che l’inserzionista ha con l’evento.

In altre parole, per essere lecite le attività di ambush marketing non devono dare l’impressione che l’impresa sia lo sponsor dell’evento, quando in effetti non lo è.

La lnternational Chamber of Commerce.

In senso analogo, la lnternational Chamber of Commerce ha stabilito la regola secondo cui nessuna parte deve dare l’impressione di essere sponsor di un evento o della copertura mediatica di un evento, sponsorizzato o meno, se non è in realtà uno sponsor ufficiale.

A livello internazionale, dunque, viene vietata ogni iniziativa promozionale attraverso la quale l’ambusher genera nel pubblico la falsa impressione di essere lo sponsor dell’evento, o di avere contribuito alla copertura mediatica dell’evento.

La giurisprudenza italiana.

Secondo Trib. Milano Sez. spec. Impresa, 23/04/2020, n. 2547, il c.d. ambush marketing è atto di concorrenza sleale quando l’impresa associa la propria immagine e/o il proprio marchio ad un evento di particolare risonanza mediatica, senza avere alcun rapporto contrattuale con l’organizzazione della manifestazione, senza averne sopportato i costi ed interferendo nei rapporti tra organizzatori e soggetti autorizzati.

Trib. Torino, 11 marzo 2022, si esprime in termini identici alla citata sentenza meneghina.

Qualche esempio di ambush marketing.

Si è ritenuta illecita la condotta di un’impresa che, in prossimità dell’uscita di un film della nota saga Star Wars, aveva utilizzato un gadget promozionale con le sembianze di un protagonista della saga, in maniera tale da agganciarsi indebitamente all’evento sponsorizzato dall’attrice, interferendo nei rapporti contrattuali fra organizzatore dell’evento ed attrice.

Il D.L. 2020/16 convertito nella L. 2020/31.

Recentemente, il legislatore ha tipizzato l’ambush marketing illecito, definendolo come

“attività di pubblicizzazione e commercializzazione parassitarie, fraudolente, ingannevoli o fuorvianti poste in essere in relazione all’organizzazione di eventi sportivi o fieristici di rilevanza nazionale o internazionale non autorizzate dai soggetti organizzatori e aventi la finalità di ricavare un vantaggio economico o concorrenziale” (art. 10, co. 1, D.L. 2020/16)

Sono quattro le fattispecie tipiche di ambush marketing oggi espressamente vietate alla legge:

a) la creazione di un collegamento anche indiretto fra un marchio o altro segno distintivo e uno degli eventi di cui al comma 1, idoneo a indurre in errore il pubblico sull’identità degli sponsor ufficiali;

“b) la falsa rappresentazione o dichiarazione nella propria pubblicità di essere sponsor ufficiale di un evento di cui al comma 1;

“c) la promozione del proprio marchio o altro segno distintivo tramite qualunque azione, non autorizzata … idonea a generare nel pubblico l’erronea impressione che l’autore della condotta sia sponsor dell’evento sportivo o fieristico medesimo;

“d) la vendita e la pubblicizzazione di prodotti o di servizi abusivamente contraddistinti, anche soltanto in parte, con il logo di un evento sportivo o fieristico… ovvero con altri segni distintivi idonei a indurre in errore il pubblico circa il logo medesimo e a ingenerare l’erronea percezione di un qualsivoglia collegamento con l’evento ovvero con il suo organizzatore o con i soggetti da questo autorizzati.”

Conclusioni.

Nell’ambito degli eventi sportivi o fieristici di rilevanza nazionale o internazionale, per stabilire se l’attività di ambush marketing sia o meno lecita bisogna riferirsi al D.L. 2020/16, che va interpretato ed integrato alla luce dei principi elaborati a livello internazionale e nazionale.

Se, invece, c’è violazione di diritti dì proprietà intellettuale o delle privative industriali dell’organizzatore dell’evento, il comportamento dell’ambusher è senz’altro illecito.

Veniamo, infine, a tutte le altre ipotesi che non rientrano nei due casi analizzati appena sopra.

Qui, per stabilire se l’attività dell’ambusher sia o meno un atto di concorrenza sleale, è necessario verificare se essa sia idonea a creare nel pubblico dei consumatori la falsa impressione che l’ambusher sia sponsor dell’evento, o che abbia contribuito alla copertura mediatica dell’evento..

Solo in caso di risposta affermativa, il c.d. ambush marketing potrà essere considerato atto di concorrenza sleale.